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Cenni storici

 

Non abbiamo documenti che ci permettano di risalire con esattezza alla data di costruzione della torre e alle maestranze che vi

lavorarono.

 Nel Medioevo Marta fu teatro di vicende assai turbolente che videro alternarsi, nel dominio del borgo, varie signorie. 

Il borgo stesso subì distruzioni e violenze ripetute e la Rocca venne demolita e riedificata in varie occasioni.

Non sappiamo se la torre sia stata anch'essa oggetto di distruzione e se abbia subito, in qualche periodo della sua storia, danni tali da

dover essere riedificata totalmente o se ci si sia limitati a opere di

recupero parziale. 

Ciò che sappiamo è che nel 1261, il 29 agosto, venne eletto papa Urbano IV che riconobbe ufficialmente il possesso

di Marta a Pietro Di Vico, quale pegno per i crediti che vantava verso la Chiesa, suscitando le ire dei tre figli di Guittone, signore di

Bisenzo, che assalirono improvvisamente il castello di Marta e appiccarono il fuoco alle case. 

Per sanare ogni controversia Urbano IV riscattò Marta saldando il debito con i Di Vico con 700 lire perugine e tacitando ogni preteso diritto dei signori di Bisenzo con 500 lire senesi.

 Poi mandò le sue milizie a Marta, restaurò le case distrutte, recinse il borgo con mura, fossati e torri fortissime e vi pose, a guardia, una guarnigione di soldati. 

La situazione storica nei decenni successivi non conobbe mai momenti di vera pace.

Incursioni e devastazioni, seppur di entità minore, si ripetevano ogni qualvolta il gioco del potere e degli interessi di parte contrapponeva

le signorie delle potenti città di Orvieto e Viterbo o le varie famiglie di Prefetti e Nobili (Di Vico, Gatti, ... ). 

Padre Flaminio Annibali nelle "Notizie storiche della Casa Farnese" narra che la torre fu edificata con le pietre della distrutta città di Bisenzo sotto il pontificato di Giovanni XXII. 

Lo stesso pontefice nel 1323 scrisse al tesoriere del Patrimonio per la riedificazione "Castrorum et Insulae Martanae, quae erant fere in totum destructa". 

Ma Corrado Ricci nell' opera sopra citata, riferendosi alla torre e alle pietre con cui è costruita, ribatte dicendo che "...nè le pietre hanno del raccogliticcio, ché tutte si mostrano di una cava, d'un taglio, d'un colore ... ".

Nel 1328 il territorio della Val di Lago e i paesi limitrofi subirono le scorribande delle truppe di Ludovico il Bavaro che era appoggiato

dai ghibellini viterbesi, e dopo di lui sarà Giovanni di Vico a riprendere possesso dei territori. 

Il Di Vico riprende Marta nel 1351, occupando prima il Borgo e poi la Rocca che in quel momento era una delle più forti del Patrimonio specialmente dopo le riparazioni effettuate nel 1333 quando vi era stato eretto un palazzo residenziale ornato di merli, con una attigua cappella(Antonelli).

Il palazzo indicato è quello vescovile denominato attualmente "Il Salone ", sede dell 'Archivio Storico Comunale.

Attigua ad esso era la cappella chiamata chiesa dell 'Angelo che si apriva sulla via omonima). 

Sappiamo che, così rinforzata, la Rocca era inespugnabile e fu soltanto il tradimento, perpetrato dal castellano

Simone di Bolsena, che la pose nelle mani del Di Vico dopo un breve assedio. 

Nel 1431 inizia la dominazione dei Farnese. Il castello di Marta viene ceduto in pegno per un prestito che la potente famiglia

ha offerto alla S. Sede. 

Il debito viene estinto nel 1447 e il castello è riscattato ma la Camera Apostolica contrae un nuovo prestito con i

Farnese e Pio II Piccolomini lo concede loro di nuovo , in signoria , sino al 1486, anno in cui Innocenzo VIII conferisce il vicariato di

Marta agli Orsini. 

Durante questa prima dominazione farnesiana la torre viene restaurata e Pier Luigi senior vi appone lo stemma della

casata. 

Nel 1537 Marta viene inclusa nel Ducato di Castro eretto da papa Paolo III Farnese con la bolla "Videlicet Immeriti" del 31

ottobre e vi rimarrà sino al 1649, quando le truppe di Innocenzo X Pamphili raderanno al suolo Castro e segneranno la fine del ducato.

Durante il dominio farnesiano, nel 1575, viene istallato sulla torre l'orologio che viene mantenuto efficiente e controllato da una

persona appositamente incaricata e pagata dalla Comunità, il moderatore dell'orologio. 

Nel 1599, poiché la torre minaccia di crollare, l'orologio viene tolto e posizionato sul campanile della

chiesa di S. Marta. 

Per tenere l'orologio nella torre il Comune si era assunto degli obblighi con la Serenissima Camera Ducale e, probabilmente, doveva versare ad essa un canone.

 Nel 1630 Benedetto Zucchi, podestà di Capodimonte, visita Marta per stendere la sua "Informazione e Cronica della città di Castro e di tutto lo Stato suo ... " per conto del duca Odoardo Farnese e trova l'orologio di uovo posizionato e funzionante sulla torre ma nel 1632 il Consiglio

Comunale (vedi seduta del 1/2/1632) lamenta che "la volta dove sta l'orologio nella Torre è senza riparo dalla pioggia, et non vi è scolo

per l'acqua, è bene rimediare a qualche maggior danno facendone istanza a Don Giulio che ne tiene la cura ". 

Nei secoli seguenti la torre ha registrato alcuni interventi di consolidamento e restauro volti a sanare le ingiurie arrecate dal tempo e a provvedere a danni causati dalla mancanza di adeguati interventi di manutenzione.

Tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta del secolo XX si dovette procedere all' abbattimento delle arcate sovrastanti le

mensole. 

Come è possibile notare in alcune cartoline dell'epoca la corona di archetti era già parzialmente crollata e la parte che ancora

resisteva era a forte rischio di crolli, con grave pregiudizio per l'incolumità delle persone. 

Così l'allora responsabile tecnico del Comune, ing. Daniele Manini, elaborò il "Progetto per i restauri urgentissimi alla conservazione della antichissima torre di Marta ".

La pratica ebbe anche l'appoggio finanziario della sopraintendenza ai Monumenti del Lazio che approvò il progetto del Manini. Anche a

metà degli anni cinquanta la torre fu oggetto di interventi e successivamente anche l'area intorno subì delle trasformazioni. 

A più riprese è stato demolito il muro che circondava il giardino e sono state create, a ridosso dello stesso, e poi demolite altre strutture con

funzioni diverse (strutture per l'acquedotto e poi rimesse comunali) sulla destra del monumento, dove c'è la breve scalinata che raccorda

la piazza Castello al belvedere. 

Oggi la torre si presenta isolata e risulta ancor meno leggibile che nel passato il suo inserimento e la

sua collocazione nel contesto planimetrico degli  edifici che costituivano la Rocca.

 

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