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La "Malta Dantesca"
Piangerà Feltro ancora la difalta
dell 'empio suo pastor, che sarà sconcia
sì, che per simil non s'entrò in Malta.
(paradiso, IX, 52-54)
I versi suddetti, che si possono leggere anche in una mattonella in ceramica posta sulla parete occidentale del basamento troncopiramidale della torre, rimandano a una questione non ancora risolta ma che ha appassionato studiosi di tutte le epoche riguardo alla collocazione della prigione denominata "Malta" che Dante cita nel canto IX del Paradiso.
E' da dire che in molti luoghi d'Italia si trovano delle carceri
denominate "la malta" perché collocate nella parte bassa di una torre il cui fondo era spesso umido e melmoso.
Infatti, nel latino medioevale, il termine malta indicava il "fango", la "melma".
Alcuni scrittori del Trecento nelle loro opere utilizzarono tale termine per indicar appunto il "fango" come, ad esempio, Franco Sacchetti che dice: "lvi 'chi si trovò nella malta infino a gola".
Anche il Lippi, il Berni e altri scrittori utilizzarono lo stesso vocabolo con lo stesso significato .
In Lombardia, in Emilia e in Romagna ancora oggi il
fango è chiamato malta e nei dizionari della lingua italiana il termine è associato al significato di melma, fango.
Possiamo dire che Malta era certamente il nome generico con cui venivano indicate tali prigioni in cui si rinchiudevano gli
ecclesiastici.
Un contemporaneo di Dante, Jacopone da Todi, scrive:
peggio che malta è il mio soffrire e or menato so' a la malta / con la gente disperata.
Tralasciando le varie opinioni di studiosi che localizzano la Malta dantesca a Roma o a Cittadella di Padova, ci occuperemo qui soltanto di quelle che tendono a suffragare la presenza della Malta in territorio viterbese e in modo particolare vicino al lago di Bolsena o, addirittura, su una delle isole.
La fonte storica da cui quasi tutti i commentatori di Dante attingono e per la quale identificano la "prigione Malta" con una prigione terribile per gli ecclesiastici nel lago di Bolsena, è Benvenuto Rambaldi da Imola, uno dei primi e più autorevoli commentatori della Divina Commedia. Benvenuto da Imola scrive il suo commento in latino nel 1379, circa 58 anni dopo la conclusione dell'opera da parte dell' Alighieri, e il suo è il più dotto dei commenti del Trecento ed il meglio fornito di notizie storiche intorno alle persone e agli avvenimenti riportati nel poema.
Ecco ciò che dice: ''Malta è una torre orrenda, nel lago di SantaCristina, carcere amaro per i sacerdoti riconosciuti colpevoli di gravi delitti. In questo terribile carcere fu rinchiuso l'abate di Montecassino (di cui non si fa il nome) perché non aveva ben custodito papa Celestino, a lui affidato da Bonifacio VIII: vi sopravvisse nell 'afflizione appena pochi giorni, nel pane della tribolazione e nell 'acque dell 'amarezza".
Seguendo Benvenuto da Imola quasi tutti gli studiosi, a lui posteriori, ripetono la stessa cosa.
I più autorevoli come Cristoforo Landino (1482) e il Vellutello (1544), la dicono: "una torre nel lago di Bolsena".
Il Tommaseo, nel suo commento del 1865, accennando
alla morte dell'abate di Montecassino "nella torre del lago di
Bolsena" dice che "Malta ricordava a Dante la creduta colpa di un suo nemico (Bonifacio VIII)".
Anche il Pennassuti (1868) e l'Andreolo (1879) concordano con il Tommaseo.
Altri studiosi la collocano "in riva al lago" ( apud lacum)
identificandola con la torre del paese di Marta che si trova, appunto, in riva al lago. Propendono per questa tesi De Romanis (1791), Lombardi (1822), Arrivabene (1827), Biagioli (1845), Fraticelli (1860), Bianchi (1868), Blanc (1877), De Gubernatis (1888) ...
Il Venturini e il Robiola, nel 1830, ne parlano espressamente dicendo:"Nella torre del castello di Marta". Carlo Calisse, nel volume "Capodimonte e il suo lago" sembra propendere anch'esso per la stessa conclusione: "si dice che nella torre di Marta, i Papi chiudessero i chierici colpevoli di gravi falli". Queste ipotesi non sono fantasiose se si pensa che al di sotto della torre, il cui basamento appare oggi interrato, si sviluppava una rete di cunicoli e gallerie che si intrecciavano con ambienti del centro storico nei quali, attualmente, sono state ricavate delle cantine assai articolate e profonde i cui intrecci non sempre sono stati esplorati.
Citando dal già ricordato volume di Corrado Ricci "S. Cristina e il lago di Bolsena", l'autore riferendosi alla torre dice che ad essa "sottostanno vecchie, oscure stanze e cunicoli ".
Il Moroni nel suo "Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica" al vocabolo "MARTA" riporta le
testimonianze del Calindri e del Palmieri che sembrano suffragare quanto ipotizzato.
Il primo ci dice che esiste in una casa un sotterraneo e cunicoli per i quali si arriva a un fortino e il secondo riporta che presso la riva australe del lago, a poca distanza da esso vi
era un ergastolo detto Malta nel quale i Papi rinchiudevano gli
ecclesiastici più qualificati colpevoli di gravi errori.
La localizzazione della "Malta" sull'isola Martana è sostenuta da diversi studiosi, primo fra tutti il già citato Benvenuto da Imola, poi Fra. Pipino che ne fa menzione nel suo "Cronicon" , il Tosti (abate Cassinese) e il Cà ntera che scrive: Angelario, abate di Montecassino, da Bonifacio VIII fu relegato nell'isola Martana, nel lago di Santa Cristina o di Bolsena".
Anche la tradizione continua delle
popolazioni rivierasche la collocò sempre nell' isola Martana,
tradizione convalidata da Procopio di Cesarea fin dal VI sec., il quale parla di un castello nell'isola "più piccola del lago di Bolsena" in relazione alla vicenda di Amalasunta. Lo storico bolsenese Pennazzi, visitando la Martana nel 1725, descrive dettagliatarnente la torre del castello suIl' isola, ancora ben visibile ai suoi tempi, e ne lascia un particolareggiato disegno. Un altro storico bolsenese, l'Adami, ricorda che ai suoi tempi (1734) sull'isola Martana, ancora si vedevano "alcune vestigia di un 'antichissima torre, nella quale Dante Alighieri crede che i Pontefici relegassero quei chierici che di qualche error rave erano colpevoli ... "
Il Cristofori, storico viterbese, contraddicendo Niccolò della Tuccia, il Ciampi, il Novati, il Pinzi che con varie argomentazioni vogliono la Malta Dantesca localizzata a Viterbo, confuta le loro opinioni e conclude" Ma la più famosa prigione papale Malta non era la viterbese: era quella eretta nell'isola Martana ... "
Per concludere questa rapida panoramica esaminiamo un'ultima ipotesi, cioè quella che propende per una collocazione della prigione papale sull'isola Bisentina.
A sostegno abbiamo lo scritto di uno storico di Montefiascone, Mercurio Antonelli che in un articolo asserisce che nel 1359 il cardinale Albornoz mandò prigionieri all'isola Bisentina undici preti eretici di Forlì.
A sostegno delle sue argomentazioni porta i registri del
Tesoriere Tavernini dove sono registrate le spese sostenute dal 1359 al 1361 per il mantenimento e la custodia dei prigionieri suddetti.
Nessun'altra testimonianza abbiamo al riguardo. Il Tarquini reputa quest'ultima non in grado di contraddire sufficientemente le opinioni sopra riportate e il peso della tradizione.
Inoltre quella che viene indicata come "Malta" nell'isola Bisentina non è una torre, come afferma Benvenuto da Imola ma piuttosto un pozzo.
Sulla Malta, tuttavia, la parola decisiva non è stata ancora pronunciata e la questione è ancora aperta.
Si spera che venga alla luce qualche documento in grado di fornire, senza ombra di dubbio, la soluzione definitiva al
problema letterario e storico.




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